Agroalimentare italiano e mondiale: l’analisi del Crea

Tensioni internazionali e climatiche hanno influito sulle produzioni agricole. Per garantirsi il reddito serviranno livelli di professionalità sempre più alti

Per “settore primario” si intende la somma di agricoltura, foreste e pesca, il cui insieme risulta sempre più interconnesso con il resto dell’economia italiana. Per agroalimentare si intende invece l’insieme di attività che parte dalla produzione o dalla raccolta del cibo, proseguendo poi lungo le filiere delle industrie di trasformazione, delle organizzazioni di distribuzione e della vendita al dettaglio, inclusa la ristorazione.

Stando al Crea, nel 2022 l’agroalimentare italiano ha prodotto 621 miliardi di euro, pari al 15% del valore dell’economia nazionale presa nel suo insieme. Di questi, quasi 250 miliardi (40%) sono da attribuire alla sola produzione agricola, da intendersi come insieme di cibo e bevande.

Italia a diverse velocità

I risultati su esposti appaiono però disomogenei nelle diverse Regioni, le quali contribuiscono in misura differente a tale risultato. Tre Regioni, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, producono infatti più del 42% del valore totale. A queste si aggiunge il 22% rappresentato da Campania, Lazio e Piemonte. In sostanza, sei sole Regioni rappresentano i due terzi dell’intero valore agroalimentare prodotto in Italia.

Il forte divario fra Nord e resto del Paese è in buona parte dovuto alla concentrazione delle industrie di trasformazione proprio nelle Regioni settentrionali. È inoltre in queste ultime che si concentra la maggior parte degli scambi con l’estero, sia per l’import, sia per l’export, segnando il 70% circa del totale italiano in tal senso. Un risultato a cui concorrono in special modo i vini veneti e piemontesi.

Agricoltura: prosegue il calo delle aziende produttrici

Analizzando le dinamiche relative alle movimentazioni annuali delle imprese iscritte nei Registri delle Camere di commercio, il comparto agrario conferma il trend in calo delle unità produttive rappresentate dalle imprese individuali, mentre le società di persone e di capitale crescono del 2,4% coprendo oggi il 13% del totale.

Anche a livello europeo si registra un calo di entità produttive a fronte di un temporaneo aumento delle unità lavorative salariate. Rispetto al 2015, infatti, si è registrata una diminuzione del 17% circa delle prime, con le seconde che sono salite del 5% nel 2018-2019, salvo tornare anch’esse nel 2022 ai livelli precedenti. L’anno peggiore: il 2020, quando la diminuzione delle aziende è stata di quasi il 10% rispetto al 2019. Un taglio dovuto in buona parte agli effetti della pandemia. Le aziende meno strutturate ed efficienti hanno chiuso i battenti venendo in buona parte rilevate dalle entità meglio attrezzate.

Uno sguardo su scala globale

Il Crea ha anche analizzato i risultati dell’agricoltura nel 2022 su scala mondiale, registrando come l’indice Fao dei prezzi dei prodotti agricoli abbia segnato un aumento del 14,3% rispetto all’anno precedente: una crescita media del 43,7% rispetto alla media 2014-2016. Il solo mercato dei cereali ha segnato un +18%, battuto solo dai prodotti caseari (+19%) e seguito da quello degli oli (+13%) e delle carni (+11%). Molto più modesto l’incremento dei prezzi dello zucchero (+4,5%).

Più nello specifico, la produzione di cereali è stata pari nel 2022 a 2,88 miliardi di tonnellate (+1%), di cui 801 milioni di tonnellate sono rappresentate dal solo frumento (27,8%). È però il mais che ha guidato la crescita in termini percentuali, seguito da riso e sorgo. Le previsioni per il 2023 danno infine una diminuzione nella produzione di grano e di orzo, a fronte di un aumento delle scorte mondiali del 2,4%. Scorte in gran parte dovute alle minori esportazioni di Russia e Ucraina.

Anche il conflitto nell’Est europeo ha infatti influito sulle dinamiche globali. Per esempio, l’accordo “Black Sea Grain Initiative”, relativa alla stabilizzazione e alla sicurezza dei transiti di navi cargo nel Mar Nero, unito alla diversificazione degli approvvigionamenti, hanno rallentato la crescita del prezzo del grano.

Il ruolo dei prodotti di pregio

Le produzioni di qualità italiane, tutelate dai marchi Igp e Dop, continuano invece a crescere. Stando infatti al rapporto “XXI Rapporto Qualivita”, nel 2022 è stata superata la soglia dei 20 miliardi di euro di valore alla produzione (+6,4%).

Ammontano inoltre a 296 i Consorzi di tutela autorizzati, le cui aziende associate rappresentano oggi 580mila lavoratori, 430mila dei quali con contratti a tempo determinato, 50mila a tempo indeterminato e 100mila autonomi. Questi ultimi che si suddividono tra imprenditori agricoli e coltivatori diretti.

Male la produzione di vino

Il mercato del vino è fra le voci di maggior interesse dal punto di vista economico globale. Stando a Ismea, però, nel 2023 si è registrata una forte contrazione della produzione mondiale e un rallentamento degli scambi internazionali. L’anno appena conclusosi è stato infatti tra i peggiori dell’ultimo decennio, con l’Italia che si è fermata a soli 39 milioni di ettolitri, produzione fra le più basse dell’ultimo ventennio. Nel 2022 la produzione nazionale aveva infatti sfiorato i 50 milioni di ettolitri.

A salvare i commerci italiani di vini, soprattutto verso l’estero, sono state quindi le giacenze. Al luglio 2023, cioè prima della vendemmia, si contabilizzavano infatti 51 milioni di ettolitri a disposizione, fra stock e produzioni dell’anno. Sono questi che hanno permesso di mantenere costanti i flussi commerciali nazionali, sostenendo il settore.

Investire in qualità e tecnologia

A fronte di tali scenari, nazionali e globali, in futuro l’agricoltore dovrà quindi porre sempre più attenzione alle rese e alla qualità delle medesime. Produrre cioè di più, mantenendo elevati i livelli qualitativi dei raccolti. Questi risultati sono raggiungibili adottando in primis le migliori scelte aziendali quanto a colture da inserire nei piani rotazionali, anche in ottica contributi Pac e Psr. A seguire, saranno le buone pratiche di campo a suggerire come operare le lavorazioni meccaniche, nonché le pratiche di nutrizione, difesa e irrigazione delle piante.

Il tutto, selezionando le genetiche più consone alle proprie esigenze e le più moderne tecnologie in termini di Decision Support System (DSS), cioè i sistemi digitali atti a supportare le decisioni aziendali. La professionalità sarà infatti sempre più alla base del successo delle aziende agricole, permettendo loro di restare sul mercato anche nei momenti più difficili, capitalizzando al meglio i propri investimenti.