Cereali e rotazioni: differenziare per migliorare le rese
Le rotazioni pluriennali delle colture giocano a favore della salute del suolo, delle rese e dei bilanci aziendali, in special modo per chi coltiva cereali
L’orientamento monocolturale dell’agricoltura moderna ha preso piede soprattutto dagli anni ’60 in poi per motivi di razionalizzazione dell’operatività aziendale e dei costi. Le grandi migrazioni verso le città avevano infatti eroso la forza lavoro negli ambienti rurali, mentre le superfici agricole disponibili diminuivano progressivamente. Ciò ha comportato una progressiva e obbligata semplificazione nella gestione aziendale, focalizzando sulle poche colture che potessero essere ragionevolmente redditizie in funzione della vocazione territoriale.
Ciò ha però impoverito i territori stessi in termini rotazionali, erodendo in alcuni casi anche la fertilità e la biodiversità dei suoli. Per tali ragioni negli ultimi decenni anche le politiche agricole europee hanno investito a favore di una maggiore differenziazione delle colture nell’ambito delle singole aziende e dei territori in cui sono locate.
Più contributi per una maggiore fertilità dei suoli
La condizionalità prevista dalla Pac 2023-2027 è basata fondamentalmente sulle “buone condizioni agronomiche ed ambientali” (Bcaa) che mirano soprattutto a contrastare l’erosione del suolo anche tramite la preservazione della sostanza organica.
Nel giugno 2024 è poi giunta per via ministeriale la modifica della specifica Bcaa 7, introducendo il concetto di “diversificazione” in alternativa alla rotazione in senso stretto, come pure il Decreto ha modificato l’Ecoschema 4 aggiungendo nuove colture da rinnovo che abbiano effetti migliorativi sul suolo. Queste possono oggi essere leguminose da granella, come favino, lenticchie, piselli, ceci o cicerchia, oppure foraggere come erba medica, sulla e trifoglio.
Analogamente, sono considerate da rinnovo anche colture orticole (cucurbitacee e solanacee), oleaginose (soia, colza, ravizzone, girasole), brassicacee e altre colture minori come carciofo, cipolla e bietola.
La rotazione colturale può quindi contare su un ampio ventaglio di colture, pur dovendo tenere conto dei limiti oggettivi che ciascuna di esse può incontrare a seconda dell’area geografica e dell’organizzazione aziendale. Su questo ultimo punto il contoterzismo può risultare fondamentale, poiché in grado di offrire attrezzature specialistiche per colture fra loro molto differenti: un investimento in parco macchine che ben poche aziende agricole possono sostenere.
Cereali autunno-vernini: attenzione alla sostanza organica e all’erosione dei suoli
I terreni più vocati alla cerealicoltura sono andati spesso incontro a una progressiva diminuzione della sostanza organica del terreno e della sua fertilità. Un fenomeno, questo, particolarmente marcato nelle aree centro-meridionali tradizionalmente meno dotate di una zootecnia collegata alle pratiche agricole. Mancando una continua restituzione al terreno in forma di letame o di liquami, il tasso di sostanza organica è infatti calato sotto l’1% in molti areali, aumentando al contempo la suscettibilità del suolo a eventi erosivi dovuti a vento e piogge.
Le colture più consigliate per le rotazioni con i cereali
Per tali ragioni, sono proprio i cerealicoltori a potersi maggiormente avvantaggiare delle pratiche rotazionali di lungo periodo previste dalla nuova Pac, seminando le colture più idonee al ripristino della fertilità e della stabilità strutturale del terreno. Purtroppo, ogni area presenta limiti agronomici quanto a specie coltivabili. Dopo la scomparsa quasi totale della barbabietola da zucchero, ottima coltura sia in termini di reddito, sia di effetti positivi sulla struttura del terreno, le opzioni rimaste in alcune regioni sono infatti poche. Fra queste, nelle aree collinari spiccano oleaginose come il girasole e, sebbene più limitatamente, il colza. Infine la soia, che meglio si presta però alle rotazioni in pianura ove vi sia una maggiore disponibilità di acqua, anche di origine irrigua.
Le colture leguminose a uso foraggero, come per esempio l’erba medica, sono anch’esse da guardare con interesse in un’ottica di rotazione pluriennale, soprattutto nelle aree a forte vocazione zootecnica. In caso contrario, a conferma, è proprio la scarsità di zootecnia il fattore limitante alla loro diffusione nelle aree cerealicole centro-meridionali. Al contrario, le leguminose da granella possono trovare maggiori spazi e interesse su più territori, giocando in tal senso a favore di una rotazione più ampia ed equilibrata.
Radici fittonanti e i benefici degli isotiocianati
Alcune brassicacee, come colza e senape per esempio, apportano al terreno molteplici benefici. In primo luogo, le loro radici sono fittonanti e si approfondiscono molto lungo il profilo. Ciò concorre al miglioramento della struttura, contrastando anche eventuali fenomeni di compattazione dovuti ai ripetuti passaggi di mezzi agricoli.
In secondo luogo, le loro radici emettono isotiocianati, sostanze dall’effetto repellente verso alcuni parassiti terricoli. Il loro inserimento nei piani rotazionali apporta quindi vantaggi sensibili alla gestione complessiva aziendale e alla salute del terreno.
Industriali ad alto valore aggiunto
Ai cereali autunno-vernini possono essere alternate colture come la citata barbabietola da zucchero, ove risulti ancora coltivabile, ma anche il pomodoro da industria. Quest’ultima rotazione è spesso presente in alcune specifiche aree, come quelle del Cremonese, del Piacentino-Parmense e dell’Alessandrino-Pavese. In tal caso è però necessario che l’azienda agricoli si doti anche dei più opportuni impianti di irrigazione, poiché per coltivare pomodoro da industria non basta il solo intervento dei contoterzisti professionali e delle loro attrezzature.
In queste rotazioni si inserisce agevolmente il mais, per lo meno nelle province a maggior vocazione zootecnica e che possono contare sulla possibilità di irrigare i campi nei mesi più caldi e asciutti dell’anno. Il mais consente infatti di completare piani rotazionali di lungo respiro che contemplino cereali autunno-vernini, anche a uso foraggero, con altre colture quali colza, soia e girasole. Infine, scelta interessante soprattutto per le aziende caratterizzate da dimensioni elevate, una parte dei terreni può essere coltivata a leguminose foraggere, tenendo però presente che tali scelte implicano la necessità di lasciare in campo queste colture per almeno 2-3 anni consecutivi.
Lotta alle resistenze: diserbi diversi in funzione della coltura
Un altro vantaggio derivante dalle rotazioni si ottiene in campo fitosanitario. Alternare fra loro diverse colture permette infatti di tenere basse le popolazioni degli specifici patogeni, parassiti ed erbe infestanti, dando anche la possibilità di utilizzare agrofarmaci fra loro molto diversi quanto a modo d’azione
Errore da evitare, ovviamente, è quello di impiegare sostanze attive appartenenti comunque alle medesime famiglie chimiche, come per esempio le solfoniluree. Anche se cambia la molecola specifica, il meccanismo d’azione resta infatti il medesimo.
Alternare le colture permette invece di alternare anche i programmi di diserbo, includendo erbicidi da applicare in pre-emergenza, meglio se diversi per modo d’azione rispetto a quelli utilizzati per la maggiore in post-emergenza.