Cereali: la difesa a tutela delle rese

Sebbene i mercati abbiano inasprito i costi dei fertilizzanti, alla coltura non deve mancare il nutrimento necessario per esprimere al meglio le potenzialità genetiche, remunerando al meglio l’agricoltore

Da alcuni mesi i mercati energetici hanno inasprito i costi industriali, inclusi quelli di chi produce fertilizzanti. Ciò ha indotto un aumento dei prezzi dei concimi tale da demotivare molti agricoltori all’acquisto, talvolta solo temporeggiando nella speranza di prezzi più bassi, in alcuni casi riducendo al minimo gli ordinativi contando su altri fattori alla base della fertilità. Se da un lato ciò ha evitato o comunque ridotto gli esborsi nel breve, rischia però di generare perdite ancor più cospicue nell’arco di qualche mese, quando il grano dovrà essere trebbiato e venduto.

Fatte salve le più opportune pratiche di concimazione localizzata lungo la fila, soprattutto fosfatica da effettuarsi alla semina, la somministrazione di azoto in primavera appare fondamentale per ottenere il massimo delle rese, soprattutto se eseguita apportando le corrette quantità nei momenti giusti. Circa la dose, questa dipenderà molto dallo stato del terreno, poiché le esigenze possono essere minori negli appezzamenti ricchi di sostanza organica (letame e/o digestati), oppure a seguire una rotazione con colture che naturalmente arricchiscono di azoto il suolo, come le leguminose. Due condizioni, queste, che di solito si realizzano nei comprensori ad alta vocazione zootecnica. Se in alcuni campi non è quindi difficile toccare o superare i 70 quintali all’ettaro, in altre aree difficilmente si superano i 40-50.

Nelle aree più meridionali, date le scarse piogge e i terreni scarsamente dotati di sostanza organica, difficilmente si superano i 30-35. Se quindi nelle aree più fertili la concimazione azotata serve solo ad assecondare i picchi di domanda delle piante, massimizzandone la produttività, nelle aree a scarsa fertilità gli apporti azotati devono essere somministrati in modo estremamente mirato per tempi e dosi, poiché le rese finali saranno dovute essenzialmente a questi, soprattutto quando si parli di grano duro dalle alte aspettative quanto a proteine. Queste vedranno infatti il massimo dell’accumulo tra le fasi di botticella e maturazione lattea. Al contrario, se sono le rese quantitative quelle cercate, per esempio per grani destinati al biscottiero, la fertilizzazione azotata è bene concentrarla a beneficio della fase della levata, cioè nel momento in cui si pongono le basi per la massima produttività in quintali.

Anche le modalità di somministrazione sono fondamentali, sconsigliando di somministrare tutto l’azoto in un’unica soluzione. Meglio invece prevedere una prima concimazione azotata verso la fine dell’accestimento, in ragione del 25-30% circa del totale. L’intervento più corposo è bene infatti vada a favorire le piante nelle fasi che vanno dalla levata al secondo nodo, erogando circa due terzi del totale annuo. Infine, una quota residua, intorno alle 20-30 unità per ettaro, va considerata in caso si coltivino varietà di grano tenero di pregio oppure di grano duro, somministrandole a ridosso della fase di botticella. Circa le tipologie di fertilizzante, è specialmente nei primi due interventi che appare consigliabile prediligere i concimi azotati a lenta cessione, al fine di coprire una finestra temporale più ampia quanto a disponibilità del macroelemento, nonché resistere al meglio agli eventuali effetti dilavanti delle piogge. Condizioni, queste, che perdono di importanza nelle fasi tardo primaverili della coltura. Nota a parte la merita infine lo zolfo. Tale elemento rientra infatti in alcuni delicati passaggi metabolici legati alla sintesi delle proteine. Necessario quindi prevedere concimi che contengano anche questo elemento al fine di equilibrare la risposta fisiologica delle piante.