In Italia (e in Europa) le tematiche legate all’erosione dei suoli e alle minime lavorazioni sembrano molto lontante dal destare l’interesse che generano in America del Nord o del Sud, tuttavia presto o tardi anche noi (agricoltori, tecnici, costruttori di macchinari e operatori di settore italiani ed europei) dovremmo scontrarci con un cambio di mentalità, sia tecnica che operativa, con un inevitabile cambio nel modo di gestire il suolo e la sua fertilità, sia in termini agronomici che ambientali.

Questo è il motivo che ci offre lo spunto per condividere un articolo del professor Mahdi Al-Kaisi, (Professore presso il dipartimento di agronomia della Iowa State University). Mahdi Al-Kaisi, ha pubblicato qualche giorno fa alcune osservazioni che rendono evidente quanto  sia attiva l’erosione dei suoli invernali non protetti da cover crops o dalla presenza di residui colturali di superficie. 

http://www.extension.iastate.edu/CropNews/2015/0127AlKaisi.htm

Prima di continuare nella lettura è bene che sappiate che molte sono le aziende americane che si stanno avvicinando alle colture di copertura (cover crops), ancor più quelle che praticano la semina su sodo o lo strip tillage. Queste due situazioni (soprattutto la seconda) sono abbastanza comuni e l’articolo mette in chiara evidenza, (grazie alla neve), come nei suoli lavorati ci sia un trasporto considerevole di particelle di terreno ad opera del vento (erosione).

Durante lo scioglimento della neve, i cumuli che rimango a bordo campo o lungo le strade, (operando da barriera che cattura le particelle di terreno), si sporcano e anneriscono in maniera maggiore quando in prossimità di appezzamento lavorato più o meno intensamente.

Cumulo di neve in prossimità di suolo lavorato (Photo by Richard Schultz)

Cumulo di neve in prossimità di suolo non lavorato (Photo by Richard Schultz)

L’attenzione di Mahdi Al-Kaisi, si concentra nella descrizione del fenomeno, riassumendolo in processi distinti così come appare nell’immagine sottostante:

In generale, le particelle di terreno alzate dal vento, colpiscono altre particelle, dando origine a delle particelle leggerissime che vanno in sospensione e ad altre più pesanti che creano un “effetto strisciante” (“creeping effect”) che alimenta il processo di erosione. Le particelle sollevate dal vento, possono in funzione del loro peso percorrere brevi o lunghe distanze, tanto da essere comunque trasportate e accumulate fuori dagli appezzamenti coltivati.

Quanto accade non è di per se grave solo per il trasporto di materiale (erosione) ma anche perchè la perdita di suolo superficiale può avere un effetto profondo sulla produttività (rimozione di sostanza organica e nutrienti), oltre a impatto qualità dell’acqua e qualità dell’aria.

Rimanendo in tema di lavorazioni del terreno, vi proponiamo il link ad un articolo da noi scritto qualche mese fa, nel quale riportiamo alcuni dati relativi alle “tillage practices” in altre parole una sorta di fotografia sulle pratiche di lavorazione delle terre coltivabili europee. I principali indicatori presi in esame sono 3, convenzionale, conservativa e non lavorazione. Link all’articolo :Una visione statistica sui modi di lavorare il terreno in Europa (EUROSTAT)

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