«Più 45.000 assunzioni nei primi tre mesi del 2015 in agricoltura è un dato molto interessante, che fa ben sperare». In effetti non si può non dar ragione al ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, che ha così commentato i recenti dati Istat sull’occupazione in campagna.

Leggendo il report (consultabile integralmente a questo link: www.istat.it/it/archivio/161416 e pdf report) si nota infatti (pagine 7,8 e 15) che nei primi tre mesi di quest’anno i «lavoratori agricoli» sono cresciuti: «il numero di occupati in agricoltura aumenta del 6,2% rispetto a un anno prima (+45 mila unità) – evidenzia l’Istat – sia tra i dipendenti sia, con maggiore intensità, tra gli indipendenti. Tale incremento a livello nazionale è il risultato di una crescita nel Nord e nel Mezzogiorno (+16,1% e +4,4% rispettivamente) e di una riduzione nel Centro (-11,5%)».

Stupisce un po’ notare il divario tra Nord, Mezzogiorno e Cento, ma analizzando la situazione nazionale per qualunque tipo di occupazione si nota che la crescita del numero di occupati su base annua nel periodo di riferimento è – solo leggermente – cresciuta (+133.000 unità, +0,6%) e al Centro Italia, rispetto alle altre aree, è rimasta pressoché stabile.

A segnare il risultato migliore a livello regionale è la Lombardia con un rialzo di occupati agricoli che sfiora il 24%: 83.000 lavoratori nel primo trimestre 2015 contro i 67.000 che si registravano nello stesso periodo del 2014.

Inutile dire che questa notizia ha scatenato l’entusiasmo – per una volta assolutamente condiviso – delle organizzazioni agricole: «le campagne possono offrire prospettive di lavoro sia per chi vuole intraprendere con idee innovative che per chi vuole trovare una occupazione anche temporanea» ha detto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. Parole a cui hanno fatto eco quelle di Dino Scanavino, presidente Cia: «questi dati dimostrano ancora una volta che l’agricoltura è uno dei settori più importanti e strategici su cui puntare per avviare una ripresa consolidata del sistema economico nazionale». «Non servono ulteriori dimostrazioni per individuare nell’agricoltura il settore nel quale in modo deciso, più profondo e diffuso, il governo deve investire per agganciare in modo stabile la crescita e svoltare verso un ritrovato sviluppo» è il commento di Copagri.

Interessante anche quanto emerso da uno studio presentato dalla Coldiretti all’Expo, in occasione del Forum Internazionale dell’Agricoltura, secondo il quale nel mondo una persona su tre lavora in agricoltura o nella pesca. In pratica sono circa 2,5 miliardi le persone impegnate quotidianamente a “nutrire il pianeta”, con tutte le ovvie differenze tra un agricoltore europeo o statunitense e uno, ad esempio, del Sud Est asiatico, in termini di qualità di vita. Basti pensare infatti che l’88% dei circa 570 milioni di aziende agricole attive a livello mondiale sono di tipo familiare e la stragrande maggioranza si trova nei Paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo (il 35% in Cina, il 24% in india e solo il 7% in Asia Centrale ed in Europa).

Resta il fatto che il dato Istat sull’occupazione in agricoltura è positivo, visto e considerato che è circa dieci volte superiore al valore medio totale di tutti gli altri settori nazionali, ma ricordiamo che, secondo diverse fonti, dall’inizio della crisi economica che ha investito il nostro Paese, iniziata nel 2007, l’Italia ha perso 155.000 imprese in agricole. Aggiungiamo inoltre che l’ultimo censimento Istat del 2010 segnalava 1.620.844 aziende agricole e zootecniche attive in Italia, -32,4% rispetto al 2000 (-525.0000 circa).

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