Ricorda il castoro, di cui è “cugino”, ma a differenza del simpatico roditore, la nutria è un grosso problema, soprattutto per gli agricoltori del Nord Italia.

Per capire l’entità del problema basta snocciolare qualche numero: secondo le stime di Coldiretti la presenza delle nutrie in Italia è in continuo aumento così come lo sono i danni provocati nelle campagne alle infrastrutture come strade canali ed argini. La presenza attuale è stimata in circa 900.000 esemplari (Fonte Università di Pavia) e i danni ammonterebbero a diversi milioni di euro all’anno.

La Regione Lombardia fra il 2003 e il 2013 ha sostenuto indennizzi agli agricoltori per quasi 1.250.000 euro, cifra alla quale devono essere aggiunti 3.050.000 per i piani di contenimento delle nutrie. In Friuli ammonta a oltre 11 milioni di euro l’importo necessario per interventi di ripristino degli argini di 80 chilometri di canali a causa delle perforazioni causate dalle nutrie nel territorio della Bassa Friulana. La stima dei danni causati da questo roditore è del Consorzio di Bonifica Bassa Friulana e a difesa degli argini e dei canali, nelle nuove opere e nei ripristini spondali, vengono collocate speciali reti antinutrie o, in alternativa, viene realizzato il presidio delle scarpate con pali e pietrame.

Ricordiamo infatti che le nutrie sono particolarmente dannose perché creano le tane in prossimità di canali ed arginature scavando lunghe ed ampie gallerie e provocando crolli ed esondazioni. Si originano così fenomeni di abbassamento delle strade poderali che, oltre a rendere difficoltosa e pericolosa il transito dei trattori, mettono in pericolo la sicurezza idraulica. A ciò va aggiunto che la nutria è anche portatrice di un rischio di diffusione della Leptospirosi.

Quest’anno le cose sono andate particolarmente male anche a causa delle ripetute ondate di maltempo con conseguenti rotture di argini ed esondazioni, gli stessi tecnici dei Consorzi di Bonifica infatti ammettono che la proliferazione delle nutrie abbia aggravato una situazione di dissesto idrogeologico provocato dall’incuria.

La Giunta della Regione Lombardia ha approvato lo scorso agosto una proposta di legge per il contenimento e l’eradicazione della nutria. Il progetto di legge, adesso all’esame del Consiglio regionale, intende disciplinare gli interventi per limitare la diffusione del roditore e arrivare, dove possibile, alla sua completa eradicazione. Tra le altre novità, è previsto anche il recepimento delle recenti modifiche della normativa nazionale in materia di rifiuti, che consentono di classificare le carcasse di nutria non più come rifiuto speciale.

C’è ancora confusione sulla questione relativa al loro abbattimento: con la norma contenuta nella legge 116/2014 (conversione del decreto “Campolibero”) le nutrie sono state aggiunte al breve elenco di animali non inclusi nell’ambito di applicazione della legge-quadro (talpe, ratti, topi propriamente detti, arvicole) sicché non fanno più parte della fauna selvatica-patrimonio dello Stato. Questo sembrerebbe giusto, perché prima, con la legge 157/92 la nutria veniva considerata specie selvatica alloctona naturalizzata, pertanto appartenente alla fauna selvatica italiana e come tale non cacciabile. In quanto fauna selvatica, poteva essere soggetta a contenimento laddove, sulla base di studi comprovati, veniva individuato un rischio per persone, altri animali e strutture circostanti.

Però esiste l’art. 544-bis, inserito nel codice penale dalla L. n. 189/2004, che punisce con la reclusione da 3 a 18 mesi «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale». Quindi le nutrie non fanno più parte della fauna selvatica-patrimonio dello Stato, ma restano indubbiamente animali. La patata bollente è passata ai Comuni e il rischio è che si creino infinite lungaggini burocratiche.