Preparare il terreno per i cereali: lavorazioni tradizionali, minime o semina diretta

Per le semine dei cereali autunno-vernini il terreno va preparato in funzione di diversi fattori

Arature e affinamento, oppure minime lavorazioni superficiali o, ancora, semina diretta su sodo. Questi sono i tre approcci tecnici che caratterizzano la coltivazione dei cereali a paglia e la scelta su quale pratica seguire dipende dalle caratteristiche dell’areale di produzione, dal tipo di terreno e dall’organizzazione aziendale stessa.

A seconda quindi dei diversi scenari si potranno incontrare metodi di coltivazione differenti, partendo da quelli tradizionali basati su aratura e successivi affinamenti del letto di semina, passando alle lavorazioni superficiali tramite coltivatori, terminando con le seminatrici specifiche per la semina su sodo, avulsa questa da qualsivoglia lavorazione del suolo. Per le tecniche di minima lavorazione e di semina diretta sono peraltro previsti specifici contributi pubblici variabili di regione in regione, spesso nell’ordine di alcune centinaia di euro all’ettaro. Cifre di cui tenere quindi debitamente conto.

Dove serve l’aratura

Nei terreni sciolti di pianura, soprattutto nel nord del Paese, i cereali a paglia sono spesso coltivati in aziende a indirizzo misto che hanno negli allevamenti di bestiame l’attività principale, talvolta abbinato anche alla produzione di biogas.

 

In tal caso v’è una elevata disponibilità di sostanza organica in forma di liquami, letame o digestato. Questi materiali organici sono preziosi sia in veste di concimi, sia in guisa di ammendanti, poiché oltre a restituire al terreno preziosi elementi nutritivi giocano anche un importante ruolo a livello di struttura, garantendo anche un ottimale rapporto fra micro e macroporosità.

Una matrice ricca di sostanza organica mostra infatti una migliore struttura, trattenendo meglio l’acqua nei momenti di scarsità e, al contrario, lasciandola drenare in profondità durante i periodi piovosi. Inoltre, un buon grado di sostanza organica implica una maggiore biodiversità microbiologica che gioca a favore della salute stessa del terreno. L’aratura permette quindi di incorporare grandi quantità di sostanza organica nella rizosfera, consentendo al contempo di minimizzare le perdite per evaporazione delle componenti più volatili, a partire da quelle azotate (ammoniaca). A tal proposito si ricorda che esistono anche precise normative che obbligano all’immediata aratura a seguire la distribuzione superficiale di liquami e di fanghi. 

Dopo l’aratura, il letto di semina andrà poi affinato tramite uno o due passaggi più superficiali. Nel primo caso, nei terreni particolarmente sciolti, può essere sufficiente una erpicatura con coltivatori a denti, poiché le zolle formatesi con l’aratura sono generalmente di piccole dimensioni e poco consistenti. I suoli più tenaci, al contrario, necessiteranno di una prima erpicatura con coltivatori misti dischi+denti, rifinendo poi il lavoro con un ultimo passaggio presemina con un erpice a denti. Chi volesse però ridurre il numero di passaggi può comunque adottare attrezzature di tipo rotativo, mosse cioè dalla presa di potenza del trattore. In tal caso, l’affinamento delle zolle sarà comunque sufficiente per consentire la semina senza ulteriori lavorazioni.

Le minime lavorazioni

Non sempre l’aratura è necessaria al fine di preparare il letto di semina. In alcuni casi è sufficiente un solo passaggio con coltivatori a denti+dischi capaci di lavorare superficialmente il terreno nei primi 15 centimetri di suolo. In tal modo si eliminano i residui colturali eventualmente presenti, incorporandoli nel terreno stesso, e si affina sufficientemente il letto di semina senza dover ricorrere a ulteriori passaggi.

Tali pratiche sono consigliabili su terreni sciolti, di pianura e di media collina, ma anche in situazioni di secondi raccolti. In tal caso, i tempi fra la raccolta e la semina sono molto ristretti e una lavorazione completa degli appezzamenti trova raramente giustificazione economica. Con un coltivatore dischi+denti è invece possibile preparare diverse decine di ettari al giorno, specialmente se le dimensioni dei campi permettono l’impiego di macchine dal fronte operativo generoso. Per esempio – e in linea generale – è possibile lavorare in modo tradizionale il terreno prima della semina dei cereali autunno/vernini, salvo poi limitarsi a una minima lavorazione in vista della semina di una seconda coltura come mais o soia.

La semina su sodo

Pratica particolarmente rispettosa della struttura del terreno, la semina diretta trova la massima espressione nelle aree collinari a tessitura prevalentemente argillosa, ove i rischi di erosione sono particolarmente elevati. Oltre a preservare la struttura del terreno, la semina su sodo è dimostrato aumentare nel tempo il numero di lombrichi e la percentuale di sostanza organica lungo il profilo: due altri aspetti da non sottovalutare in termini di sostenibilità di lungo periodo delle pratiche agricole. Grandi sono inoltre i vantaggi anche in termini di consumi di gasolio, potendo arrivare a risparmi fino al 50% rispetto all’approccio tradizionale basato su aratura e successive lavorazioni.

Chi decidesse di seguire tale pratica deve però tenere conto di alcuni dettagli tecnici negativi. Le seminatrici da sodo sono necessariamente diverse da quelle convenzionali e difficilmente un’azienda agricola ha convenienza ad acquistarne una. I più ricorreranno al contoterzismo professionale, pur sapendo che il costo della semina in sé è quindi più elevato. Tali costi in più sono però abbondantemente superati dai risparmi in termini di tempo e gasolio.

Inoltre, non avendo rovesciato lo strato superficiale del terreno si registrerà una maggiore presenza di popolazione erbacea spontanea, popolazione da eliminare con un diserbo di presemina tramite erbicidi sistemici non selettivi (glifosate). Altro aspetto da tenere infine in considerazione, la permanenza in superficie delle spore fungine lasciate a fine ciclo dai diversi patogeni. Ciò obbligherà a una difesa fitosanitaria più attenta nel corso della stagione.