Questo Natale sono stati l’oggetto dei desideri dei bambini e, almeno secondo i principali mass media, potrebbero diventarlo anche per gli agricoltori.

Cercando “drone in agricoltura” su google compaiono infatti centinaia di articoli che descrivono questi apparecchi come la tecnologia che cambierà il lavoro in campagna.

A scrivere del fenomeno droni in agricoltura è stato anche il famoso MIT (Massachusetts Institute of

Technology) secondo il quale gli agricoltori potrebbero puntare sui droni per migliorare la qualità delle coltivazioni.

Grazie alla grande quantità di tipologie di sensori che possono essere caricate a bordo (videocamere, sensori multispettrali, GPS, magnetometri) le potenzialità di questi strumenti sono tantissime. I droni possono essere programmati per eseguire voli e rilievi in completa autonomia, anche senza il supporto di un pilota a terra, sono più economici delle immagini satellitari e forniscono rilievi ad alta risoluzione.

Ma cosa si intende per drone? Lasciamo perdere i giocattoli, i droni, quelli “veri”, sono piccoli apparecchi a volo orizzontale o verticale a 2, 4 o 6 eliche. Sono comandati via radio o programmabili grazie a un sistema di navigazione satellitare (GNSS) integrato e sono in grado di volare fino a 150 metri di altezza con un’autonomia media di 20 minuti. Il peso, nel caso dei droni utilizzati per uso agricolo, solitamente non supera i 25 kg (questo dettaglio è importante, di seguito spieghiamo anche perché).

Uno degli utilizzi più interessanti, già testato in viticoltura in Italia, è rappresentato dal telerilevamento aereo con fotocamera NIR (spettroscopia nel vicino infrarosso, tecnica molto utilizzata nell’agricoltura di precisione), che può restituire lo stato vegetativo della coltura sorvolata. Sempre in Italia i droni sono stati testati anche nel trattamento biologico del mais contro la piralide utilizzando apparecchi che, tramite un serbatoio, hanno distribuito uova dell’insetto utile Trichogramma brassicae (imenottero parassitoide delle larve di piralide).

Per adesso la sperimentazione è ancora agli inizi, ma l’interesse attorno a questo fenomeno è concreto, il prossimo appuntamento del ciclo “Roma Drone Conference”, che si svolgerà il prossimo 28 gennaio, sarà incentrato proprio sul loro utilizzo nel settore dell’agricoltura. L’evento sarà l’occasione per la presentazione di Agrodron, il primo “drone-contadino” ideato in Italia.

Attenzione però: chi pensa di comprarsene uno e farlo svolazzare liberamente sui campi si sbaglia: l’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) ha recentemente regolamentato l’uso dei droni (che in sigla si chiamano SAPR: Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto) e il succo del regolamento (consultabile a questo link: https://www.enac.gov.it/La Regolazione per la Sicurezza/Navigabilit-13-/Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto) è che per lavorare con i droni serve una certificazione.

I dettagli del regolamento sono moltissimi, di seguito ne sintetizziamo alcuni aspetti senza entrare, per ovvi motivi di spazio, nel dettaglio.

Prima cosa da sapere è che nella maggior parte dei casi l’utilizzo dei droni in agricoltura rientra tra le “operazioni non critiche”, cioè le attività che non prevedono il sorvolo di aree congestionate, assembramenti di persone, agglomerati urbani e infrastrutture, aree riservate ai fini della sicurezza dello Stato, linee e stazioni ferroviarie, autostrade e impianti industriali. Il volo deve avvenire a una quota inferiore a 70 m con raggio di 200 m a una distanza di 150 m dalle aree congestionate e 50 m da persone e cose (fonte: Regolamento Enac 16 dicembre 2013, pag. 9).

Al di fuori di tali valori meglio lasciare perdere, perché si rientra nelle “operazioni critiche” e servono autorizzazioni speciali.

I requisiti necessari variano a seconda del peso dell’apparecchio: sopra ai 25 kg si intende che i droni siano soprattutto “prodotti industriali”, al di sotto si ritiene che si possa trattare di un pezzo unico, magari assemblato e modificato dalla stessa persona che poi lo impiega. Per i droni sopra la soglia dei 25 kg la trafila burocratica è immensa, mentre sotto ai 25 kg l’operatore si autocertifica, ma deve comunque possedere determinati requisiti.

Per pilotare un drone di massa inferiore ai 25 kg in condizioni “non critiche” bisogna essere maggiorenni e, come recita il regolamento al comma 5 dell’art. 17, “Per i SAPR di massa massima al decollo inferiore a 25 kg e utilizzati in operazioni non critiche, l’operatore deve attestare nella autocertificazione di essere qualificato al pilotaggio del sistema, in quanto ha le necessarie conoscenze delle Regole dell’Aria, le competenze per condurre il sistema ed idoneità psicofisica”.

L’operatore del drone è inoltre responsabile della sicurezza nel caso si verificassero dei malfunzionamenti dell’aeromobile (fonte: circolare Enac 30 aprile 2014). Inoltre è necessario stipulare un’assicurazione per eventuali danni contro terzi.

Insomma, con i droni non si scherza, e magari saranno un fuoco di paglia, una moda passeggera, ma anche negli Usa, nel lontano 1889, i primi trattori, poco maneggevoli e molto pesanti, devono aver sicuramente destato una certa perplessità tra i “farmers” dell’epoca.

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