Il trinciato di mais contribuisce alla ruminazione e alla salute dei bovini
Il silomais rappresenta la base delle razioni alimentari delle lattifere, contribuendo a una corretta ruminazione e quindi alla salute e al benessere animale
La salute delle mandrie va costantemente monitorato in stalla, al fine di massimizzare la produttività e di minimizzare gli interventi veterinari. La corretta alimentazione è alla base di tali obiettivi, richiedendo frequenti aggiustamenti in funzione delle specifiche condizioni delle lattifere nel corso della stagione.
Il potenziale produttivo delle vacche da latte è infatti in diretta correlazione con la qualità dei foraggi che vengono loro somministrati, soprattutto in termini di corretto equilibrio tra amidi, proteine e fibre nelle razioni somministrate in stalla.
Tre consigli per gli allevatori di vacche da latte
Ogni modifica delle razioni deve essere la giusta risposta a precise rilevazioni in stalla circa il consumo dei foraggi da parte dei capi, come pure della composizione del latte e dell’aspetto delle feci. Tre sono quindi i passi fondamentali che ogni allevatore deve compiere al fine di garantire il massimo della produttività nel rispetto della salute e della longevità del bestiame:
- Monitorare in modo puntuale i reali livelli di ingestione di sostanza secca, al fine di modificare rapidamente le razioni in caso questa si mostrasse in calo.
- Stabilizzare il rapporto fra materie grasse e proteine: negli allevamenti da latte italiani questo deve essere intorno a 0,9. Se le proteine salgono in modo ingiustificato è necessario intervenire sulla composizione delle razioni.
- Scongiurare l’acidosi intestinale, i cui sintomi più evidenti sono presenza di muco nelle feci, spesso unito a materiale indigerito.
Ruolo delle fibre nella salute di rumine e bovine
Le fibre devono essere presenti non solo in quantità sufficienti, bensì devono anche presentare la giusta dimensione dei frammenti, ovvero la “physically effective NDF”, in acronimo peNDF, parametro descrittivo della frazione di fibra che stimola la ruminazione. L’efficace stimolazione dei processi ruminali dipende infatti dalla lunghezza dei frammenti presenti nella razione. Nello specifico, sono quelli superiori a 1,18 millimetri1 che inducono un maggior flusso di saliva nell’apparato buccale delle vacche, beneficiando in tal modo anche dei carbonati e dei fosfati in essa presenti.
Questi, a loro volta, stabilizzano il pH all’interno del rumine, scongiurando l’avvento dell’acidosi ruminale che, convenzionalmente, si realizza quando nel rumine si registrino delle condizioni di pH inferiore a 5,6 per più di tre ore2. Tale fenomeno è per lo più dovuto alla conversione dell’amido in acido propionico da parte dei microrganismi, generando disordini sanitari che si manifestano tramite processi infiammatori diffusi, diarrea, dislocazione dell’abomaso e persino laminiti, ovvero l’infiammazione delle lamine che nel piede dell’animale forniscono supporto tra la parete dello zoccolo e la falange distale. Il tutto a danno del benessere degli animali, facendone calare la produttività sia in termini quantitativi, sia qualitativi. Un flusso abbondante di salive, stimolato dalle fibre di adeguate dimensioni, è in grado di mitigare del 30-40% tali effetti.
Insilati di mais: soluzione ideale per le bovine da latte
Le fibre nella razione devono essere proporzionalmente distribuite in modo razionale quanto a lunghezza dei frammenti. Per esempio, è bene che almeno il 10% dei frammenti mostri lunghezze superiori ai 2 centimetri, salendo fra il 30 e il 50% per le particelle complessivamente più lunghe di 0,8 centimetri.
Anche i mangimi concentrati contengono fibre, ma il loro uso prolungato potrebbe rivelarsi anti-economico rispetto all’apporto continuativo degli insilati, in special modo di mais. Questi sono infatti facilmente conservabili per mesi grazie al processo di acidificazione della massa operata da microrganismi anaerobi, i quali utilizzano per il proprio metabolismo solo il processo di glicolisi fino a produrre in ultimo acido lattico. Sarà poi questo a fare scendere il pH delle masse vegetali sino ai valori più consoni per una loro maggiore conservabilità.
La composizione ottimale dei foraggi
Per ottenere il miglior risultato, i trinciati devono contenere tenori in sostanza secca a cavallo del 30%. In tal senso il mais si presta ottimamente, poiché erba medica e graminacee foraggere si presentano alla raccolta ancora umidi, necessitando parziali operazioni di disidratazione dopo lo sfalcio. Inoltre, il trinciato di mais presenta molti meno rischi di contaminazione da parte di porzioni di terra mescolatasi alle masse vegetali durante i processi di rivoltamento in campo. Nella sporcizia possono infatti annidarsi clostridi, batteri sporigeni da evitare attentamente.
Esiste infine un ulteriore vantaggio offerto dagli insilati di mais: il loro grado di umidità limita la necessità per la vacca di reidratare il cibo ingerito per avviare la fermentazione ruminale, processo che invece è richiesto in caso si somministri mangimi esiccati. L’umidità del trinciato di mais permette invece un attacco veloce da parte dei batteri fibrolitici a tutto vantaggio della produzione finale di biomassa e di acidi grassi nel rumine.
In sostanza, a patto di contare su un insilato ottimale sotto ogni aspetto fisico-chimico (sostanza secca, peNDF, rapporto acido lattico/acetico etc.) non esiste un vero e proprio limite all’impiego di trinciato di mais nelle razioni per le bovine da latte, permettendo di arrivare anche a una trentina di chili/giorno per capo.
Bibliografia
- Il valore di 1,18 millimetri venne identificato nel 1997 da David Mertens, ricercatore della US Dairy Forage Research Center, branca a sua volta dell’Usda (United States Department of Agriculture). Fu questi a introdurre il concetto di “physically effective NDF”, in acronimo peNDF, descrittivo della frazione di fibra che stimola la ruminazione. https://www.journalofdairyscience.org/article/S0022-0302(97)76075-2/pdf
- YangchunCao et al (2021): “Physically effective neutral detergent fiber improves chewing activity, rumen fermentation, plasma metabolites, and milk production in lactating dairy cows fed a high-concentrate diet”. Journal of Dairy Science, Volume 104, Issue 5, May 2021, Pages 5631-5642. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0022030221001892#bib26