Crisi in Ucraina e impatto sui prezzi dei cereali: allarmismi ingiustificati
Se è soprannominata «il granaio d’Europa un motivo c’è: l’Ucraina vale il 16% del commercio mondiale di mais e il 6,3% di frumento. È un paese decisamente agricolo: circa 42 milioni di ettari di campi coltivati, quasi il 70% dell’intera nazione. Con numeri così è evidente che una grave crisi politica in questo paese può spostare gli equilibri del trading mondiale delle granaglie e preoccupare anche noi italiani, visto che buona parte dei
quasi 4 milioni di tonnellate di mais che importiamo ogni anno è ucraino.
Dallo scorso novembre i rapporti tra Russia e Ucraina sono decisamente tesi, uno dei motivi per cui alla Russia proprio non va giù che l’Ucraina possa diventare “indipendente” è che perderebbe il controllo sulla penisola della Crimea e sul porto di Sebastopoli, nodo logistico strategico per l’import/export assieme al porto di Odessa, che è il più importante sbocco per le merci russe sul Mar Nero.
Prezzi mondiali dei cereali tendenzialmente stabili
I recenti eventi che hanno interessato l’Ucraina, i cui esiti finali sono ancora tutti da definire, non hanno sicuramente lasciato indifferenti i mercati internazionali delle commodity, ma le tante notizie che parlano di “fiammate dei prezzi” per i cereali o di “guerra del grano” sono spesso troppo allarmistiche.
A inizio marzo e, più recentemente, nella seconda settimana di aprile c’è stato in effetti un generale innalzamento dei listini, in particolare di grano tenero e mais, che poi è rapidamente rientrato. Una delle spiegazioni di questa andamento altalenante dei prezzi è che il Cbot (Chicago board of trade), ovvero la più importante borsa merci mondiale per i cereali, reagisce con estrema velocità (e sensibilità) alle notizie di politica economica e variazioni anche minime delle sue quotazioni si amplificano sulle Borse merci del resto del mondo creando il famigerato effetto “volatilità”.
Alla fine dei conti, ad oggi, i principali esportatori ucraini stanno imbarcando le merci, granaglie comprese, senza nessun problema particolare e gli operatori del settore segnalano che gli agricoltori ucraini, esattamente come quelli nostrani, stanno seminando i cereali primaverili. Il Ministero dell’Agricoltura dell’Ucraina ha recentemente reso noto che più del 90% della semina di frumento primaverile è stata completata normalmente.
Anche la peggiore delle ipotesi, e cioè che la Russia usi l’opzione militare per la soluzione della crisi (secondo gli analisti accontentandosi della secessione della Crimea dall’Ucraina) e un conseguente blocco di tutte le esportazioni ucraine, non sembra preoccupare particolarmente gli addetti ai lavori. In particolare alcuni analisti americani sostengono che l’eventuale mancanza di 10 milioni di tonnellate di frumento e di 18,5 di mais potrebbe essere sopperita completamente dalle disponibilità statunitensi, meteo permettendo.
Qualche timore da parte dei «clienti» dell’Ucraina
Insomma, secondo gli analisti il «rischio Ucraina» per il mercato mondiale dei cereali è meno grave di quanto si voglia far credere: il frumento ucraino appare in ottime condizioni e a preoccupare agricoltori e commercianti di quest’area è semmai la siccità, che sta rallentando le semine di mais.
In questo momento i Paesi importatori sono comunque un po’ intimoriti dalle possibili decisioni di Putin e i
contratti con l’Ucraina per il nuovo raccolto sono in calo rispetto al solito.
Ma chi sono i principali acquirenti di granaglie ucraine? Principalmente l’Egitto e alcuni paesi del Medio Oriente, culturalmente grandi consumatori di cereali, che in caso di aggravarsi della situazione dovranno rivolgersi altrove. C’è chi, come l’India, già gioisce all’idea di aumentare l’export di cereali, ma le reazioni impulsive nel sofisticato mondo del trading dei cereali sono quasi sempre destinate a sgonfiarsi in fretta. Basti sapere che il rischio di interruzioni consistenti del flusso di merci dall’Ucraina è comunque basso, solo il 10% delle granaglie prodotte in Ucraine transita attraverso i porti della Crimea.
Per noi italiani, importatori netti, in ogni caso cambia poco, tanto è vero che ormai da diverse settimane le quotazioni del mais nazionale sono stabili, così come quelle del frumento tenero. Per la Francia, grande esportatore soprattutto di grano tenero, la «crisi Ucraina» invece rappresenta un’opportunità interessante. Vi terremo aggiornati…
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