Stando alla stime dell’Istat risalente allo scorso marzo, per la campagna 2013-2014 le quantità di superficie investita a frumento duro, frumento tenero e orzo sono state valutate sostanzialmente stabili con leggere flessioni in alcune aree per il frumento tenero, più rilevanti nel Nord-Est e nel Centro Italia. Purtroppo l’andamento climatico sembrerebbe non aver aiutato le produzioni: leabbondanti piogge nella fase di semina e di inizio anno e un inverno in cui sono state registrate, in generale, temperature miti (salvo qualche irruzione fredda a fine
novembre e a fine gennaio) hanno creato diversi problemi soprattutto al grano duro. Poi c’è stata parecchia pioggia anche tra maggio e luglio, cioè durante il raccolto, sulla maggior parte delle regioni italiane provocando notevoli ritardi nella raccolta, che in alcune aree è tuttora in corso.
Per farsi un’idea dei primi risultati di questa campagna sintetizziamo alcuni dati del monitoraggio nazionale(http://qce.entecra.it/STOC_2014/home.htm) effettuato dal Cra Qce (Unità di ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali).
Grano tenero
Secondo i dati del monitoraggio quest’anno, rispetto all’annata precedente, per il frumento tenero si osserva una tendenza verso un leggero incremento del contenuto proteico mentre si rileva, in media, una lieve flessione nel peso ettolitrico che è più rilevante in alcune aree e se confrontata con il dato medio 2012-2013. Valori superiori alla media sia per il contenuto proteico sia per il peso ettolitrico sono stati riscontrati nelle province di Bologna e Modena. Per quanto riguarda la resa produttiva, le stime provenienti da alcuni dei principali centri di stoccaggio delle province di Bologna, Mantova, Modena, Padova e Torino segnalano, in media, una produzione di circa 53 q/ha.
Questo dato collima anche con quanto riferito da tecnici ed operatori del settore, con alcune eccezioni: in aree come quella del ferrarese chi ha lavorato bene dal punto di vista agronomico ha comunque portato a casa un buon risultato, si parla di medie attorno a 80 q/ha, con minimi di 65 e punte di 85 q/ha.
Stessa musica anche in Piemonte: per il frumento le rese oscillano dai 65 ai 70 q/ha con pesi ettolitrici tra tra 75 e 80 kg/hL.
Grano duro
Per quanto riguarda il grano duro ricordiamo che questa è stata un’annata davvero difficile sul fronte fitopatologico: una coda di inverno tendenzialmente mite e una primavera fresca e piovosa hanno favorito una forte e anomala diffusione di attacchi crittogamici. Dalle Murge pugliesi al Molise, passando per Basilicata e Campania, sono stati segnalati casi eclatanti di colture totalmente compromesse non solo da fusariosi, ma anche dalle ruggini e dalle septorie che hanno generato attacchi ben al di sopra della soglia “fisiologica” di controllo. Il giugno anomalo e tempestoso ha avuto come risultato campi allagati e allettati, piante attaccate da ruggini e oidio. I danni in alcuni casi sono evidenti: in alcune zone della Capitanata, area principale per la produzione di duro nazionale, le rese segnano un calo medio del 20%.
I dati del Cra-Qce riflettono questo andamento e segnalano che, in media, si osserva una flessione della resa produttiva e del peso ettolitrico rispetto alle due annate precedenti mentre il contenuto proteico non presenta variazioni rispetto al 2013 ma un decremento di circa il 5% rispetto alla media storica 2000-2013; l’indice di giallo presenta valori simili a quelli riscontrati nell’annata 2012 ed un leggero aumento rispetto al 2013.
Il vero problema? Il mercato!
Il vero problema per i cerealicoltori italiani comunque non sono le rese, che per quanto non esaltanti quest’anno sono state comunque entro i limiti di un’annata non eccezionale, ma i prezzi, che ad oggi, soprattutto per il grano tenero, stagnano su livelli bassi (attorno a 195 euro/t per le categorie merceologiche di qualità più alta, attorno a 175-180 per le altre) per assicurare una buona redditività. Il grano prodotto nel 2012, ad esempio, nel Listino di giugno 2013 era quotato in media a 240 euro a tonnellata. Il frumento del 2013, a maggio 2014, risultava valere circa 190 euro/ton. Facendo due conti risulta che se la media produttiva ad ettaro è pari a 5,5/6 tonnellate, rispetto allo scorso anno si perdono circa 350 euro per ogni ettaro coltivato.
Va un po’ meglio per il duro, che viaggia sui 300 euro/t, ma per avere redditività è necessario avere qualità e soprattutto resa. Il tutto, come sempre, è viziato dal fattore volatilità, che, siamo pronti a scommetterci, farà sentire i suoi effetti nelle settimane a venire.