Mais: tecniche di lavorazione del terreno e concimazione

Lavorazioni tradizionali o tecniche conservative. Sostanza organica o fertilizzanti di sintesi. Un raccolto di successo si basa su scelte tarate sulle singole aziende agricole

Produrre mais da granella o da trinciato. Per la vendita o per l’uso negli allevamenti. Su terreni sciolti o argillosi. In primo raccolto o di seconda semina. Tutte variabili, queste, che devono essere sempre considerate attentamente da tecnici e agricoltori al fine di massimizzare i ritorni economici dei propri investimenti.

La preparazione del letto di semina

Gli approcci colturali al mais possono essere molto diversi fra loro. A guidare il mercato sono ancora le lavorazioni tradizionali, con l’aratura seguita da una o due affinamenti pre-semina tramite coltivatori a dischi ed erpici a denti. La profondità di aratura, il numero di passaggi successivi e la tipologia di attrezzature da impiegare dipenderà ovviamente dalla tipologia del terreno e dalle condizioni ambientali.

La prima, l’aratura, non può essere facilmente modificata un anno con l’altro: se un terreno è argilloso resta tale, la stessa cosa se è invece più sciolto. Motivo per il quale in aree come il Bresciano, a suoli tendenzialmente sciolti, si possono minimizzare le lavorazioni e anticipare la semina grazie a migliori condizioni termiche dello strato coltivato. In alcune aree del Ferrarese, per esempio, accade l’opposto a causa di una più alta presenza di argille.

Sulle condizioni ambientali è invece una questione di scelta aziendale. Le arature autunnali sono infatti sempre meno gradite, sebbene permettano agli atmosferili di lavorare le zolle al posto dei trattori. Negli ultimi anni le cover crop sono infatti assurte a un ruolo primario nell’approccio agronomico alla coltivazione, come pure l’interramento di letame e liquami è bene avvenga a fine inverno a salvaguardia delle acque dai nitrati.

Spostando le lavorazioni nell’anno nuovo, però, le condizioni termiche e di umidità dei terreni possono variare molto a seconda si ari a fine gennaio o a inizio marzo, imponendo modifiche nelle impostazioni degli aratri, come pure aumentando o riducendo il numero dei successivi passaggi di affinamento.

Tecniche di minima lavorazione e semina su sodo

Solo una minoranza di maiscoltori segue le pratiche di minime lavorazioni e di semina su sodo, nonostante vi siano concreti risparmi in carburanti. Questi sono stimati intorno al 22% con le tecniche di minime lavorazioni, incluso lo strip-till, salendo oltre il 50% con la semina su sodo. La gran parte della maiscoltura è però funzionale agli allevamenti e ciò implica una buona disponibilità di letame, digestato e liquami. Il primo e il secondo devono necessariamente essere interrati tramite aratura. Quanto ai liquami, questi possono venire anch’essi incorporati nel suolo con un’aratura, pur potendo anche essere somministrati in seguito tramite le apposite attrezzature semoventi dotate di calate verticali.

Grazie proprio all’apporto di sostanza organica, spesso generoso, passa quindi in secondo piano uno dei vantaggi delle tecniche conservative, cioè quello di preservare nel suolo la sostanza organica stessa. Diverso può essere invece l’approccio in caso di seconde semine, ove il mais segue la raccolta di cereali autunno-vernini come orzo e triticale. La semina su sodo o le minime lavorazioni, limitate a un solo passaggio con il coltivatore a dischi-denti per incorporare i residui colturali, divengono in tal caso pratiche interessanti. Sensibile è infatti la riduzione dei tempi fra trebbiatura e seconda semina, come pure si può apprezzare il consistente risparmio di gasolio.

 

I piani di concimazione

Fatto salvo l’apporto di letame o liquami, il mais può beneficiare anche di puntuali somministrazioni di specifici concimi. Diversi sono gli elementi che concorrono infatti a un migliore sviluppo vegeto-produttivo della coltura, a partire dal fosforo necessario in special modo nelle primissime fasi del ciclo colturale.

In tal senso è consigliabile localizzare fertilizzanti granulari lungo il solco di semina, in modo che gli elementi nutritivi siano posti nell’immediata prossimità dei semi apportando un significativo “effetto starter”. Un vantaggio, questo, che si apprezza soprattutto per il fosforo, notoriamente quasi immobile nel terreno e di fatto minimamente disponibile anche se presente in quantità.

Diverse le soluzioni a disposizione dei maiscoltori in tal senso, in cui il fosforo può essere presente da solo oppure abbinato ad azoto e potassio. Alcuni formulati sono forniti anche in abbinamento con geoinsetticidi atti a controllare gli attacchi dei parassiti terricoli quali elateridi e diabrotica. In tal caso, però, sono considerati agrofarmaci ad azione fertilizzante e soggiacciono alle normative fitosanitarie.

Fabbisogni nutrizionali del mais

Mais da granella o da foraggio hanno asportazioni che variano sensibilmente. Se nel primo caso buona parte delle piante, steli, foglie e stocchi, tornano infatti al terreno, nel caso del trinciato tutta la pianta viene asportata, richiedendo quindi una maggiore restituzione dei nutrienti al ciclo successivo. Indicativamente, servono circa 15-20 kg/ha di azoto, 6-10 di fosforo e 15-20 di potassio per ogni tonnellata di granella. Per il trinciato, tali asportazioni salgono circa del 40-60%.

Quanto al solo azoto, basti pensare che ne servono due chili per ogni quintale di granella. Con un raccolto di 150 quintali per ettaro, resa di ottimo livello, servono quindi circa 300 chili di azoto. Tradotto in urea al 46%, ciò equivale a 650 chili circa. Espresso in letame, invece, tale fabbisogno richiede almeno nove tonnellate per ettaro, considerando una massa al 3% medio di azoto.

Concimazioni azotate: frazionate sono più efficaci

A seconda della distribuzione di letame e della concimazione in pre-semina con urea, che può coprire dal 30 al 50% del fabbisogno totale, andranno poi calcolati gli ulteriori apporti di azoto da somministrare al fine di assecondare le successive esigenze colturali.

Queste variano infatti durante il ciclo vegeto-produttivo necessitando di somministrazioni puntuali, meglio se con nitrato ammonico di pronto utilizzo. In copertura sarà bene intervenire quando la coltura mostra la presenza di 6-9 foglie.

L’efficacia della somministrazione di azoto in copertura può elevarsi frazionando gli interventi. Tale scelta però deve tenere conto anche dei costi di esecuzione del lavoro stesso in termini di tempo, di consumi e di ammortamento di trattori e attrezzature per la concimazione: non sempre i vantaggi del frazionato si traducono in aumenti di produzione tali da giustificarne i costi.

Granulari a lenta cessione: scelta consigliata per l’ambiente

In presemina può essere vantaggioso somministrare concimi granulari a lenta cessione. Questi sono ideali soprattutto in caso di andamenti climatici piovosi, permettendo rispetto all’urea di preservare buona parte dell’azoto sottraendolo al dilavamento.

Il rilascio progressivo di azoto permetterà inoltre di integrare la quota dell’elemento fornito in precedenza con letame, digestati o liquami, i quali necessitano di tempi lunghi per la produzione di forme azotate assimilabili dalle piante.

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