Raccolta cereali 2024: luci e ombre per area geografica
Eccessi di pioggia al Nord e siccità al Sud. Si salva il Centro con raccolte di grano in linea con le aspettative. Resta l’incognita sul ruolo delle patologie fungine
Luglio 2024: un’Italia da analizzare a macchia di leopardo per quanto riguarda la raccolta dei cereali a paglia. Alcune aree sono state influenzate negativamente dalle piogge eccessive. Altre hanno patito, all’opposto, di una prolungata siccità. Infine, alcune zone cerealicole di pregio sono state graziate dagli alterni rovesci climatici e hanno potuto raccogliere frumenti di elevata qualità accompagnati da rese soddisfacenti.
Bene al Centro
Fra le aree fortunate vi sono per esempio le Marche, ove il grano duro mostra valori ottimali di peso ettolitrico, compresi fra 790 e 800 chili a metro cubo. Anche le rese sono state soddisfacenti, sia in termini di quintali, sia di proteine. Quanto a tonnellate raccolte vi è stato infatti un significativo aumento rispetto al 2023, passando dalle quattro tonnellate medie a ettaro alle oltre cinque tonnellate di quest’anno. In alcuni casi, nei terreni più vocati i raccolti si sono assestati fra le sei e le sette tonnellate a ettaro. Ottime anche le proteine, partite da un minimo del 12,5% posizionandosi il più delle volte sopra il 13% con punte sino al 14%.
A favorire i cerealicoltori marchigiani è stato soprattutto il periodo pre-raccolta caldo e asciutto che ha permesso di anticiparne la trebbiatura e di minimizzare la presenza di fusariosi. Risultati simili si sono riscontrati anche in altre Regioni del Centro, come Toscana, Umbria e Lazio, sebbene con differenze locali migliorative o peggiorative rispetto a una media comunque soddisfacente.
Nord e Sud: profonde differenze climatiche
Purtroppo, nelle aree settentrionali e meridionali della Penisola le cose non sono affatto andate come sperato e per opposti motivi. Al Nord, le piogge prolungate hanno infatti causato danni alle colture in via di sviluppo favorendo Ruggini e Septoria, proseguendo poi in via maturazione ritardandola e costellandola di infezioni fungine tardive di Fusarium. Soprattutto province come Mantova, Cremona e altre a cavallo del Po hanno patito di tali scenari, ottenendo rese quali-quantitative soddisfacenti solo su terreni particolarmente sciolti e ben sistemati, quindi altamente drenanti, e opportunamente trattati con gli specifici fungicidi in fase di levata e poi di fioritura.
Al Sud si è assistito a un crollo ancor più marcato delle rese, poiché la siccità prolungata ha penalizzato i cereali soprattutto nella fase di riempimento della granella. Da campi che producevano in media 30 quintali per ettaro, nella zona ionica si è scesi sino a soli 10 quintali, con piante e spighe di taglia estremamente ridotta. Ciò ha favorito anche la proliferazione delle erbe infestanti, contrastate solo debolmente dalle colture. In ampie zone della Basilicata e della Calabria la trebbiatura è quindi stata più difficoltosa della norma anche per la fitta presenza di malerbe. Migliore invece la situazione nelle aree cerealicole del Foggiano, ove le rese sono sì circa dimezzate, ma per lo meno la qualità della granella risulta soddisfacente il più delle volte, avendo il clima caldo e secco sfavorito la germinazione delle spora di Fusarium.
La condizione peggiore si è verificata in Sicilia, con rese decurtate in media del 50% con punte sino al 70% in molte delle aree cerealicole più vocate della Trinacria. In provincia di Gela, per esempio, si sono registrate rese fra i dieci e i 25 quintali per ettaro, in funzione dei campi, ma i pesi ettolitrici sono stati spesso inferiori a 700 chili a metro cubo. Meno rese volumetriche, ma più proteine, superando in alcuni casi il 15% con un’umidità intorno al 14%. Generalmente, lo stato sanitario non desta preoccupazioni, poiché l’assenza di piogge e di umidità ha creato condizioni poco favorevoli alla proliferazione di patogeni come il Fusarium.
Le stime per il 2024
Stando al CREA, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, nel 2024 la produzione nazionale di grano duro potrebbe fermarsi a soli 3,5 milioni di tonnellate, con un calo medio dell’8% rispetto al 2023 e del 10-15%, a seconda delle zone, sulla media dell’ultimo decennio. Ancora da valutare lo stato sanitario delle specifiche partite conferite, poiché gli eccessi e le carenze idriche hanno influito anche su tali aspetti in modo diverso in funzione della zona.
Per contro, le produzioni di grano duro sono state eccellenti nei principali Paesi esportatori, con aumenti intorno al 10% trainati soprattutto da Canada e Stati Uniti, ove le rese sono salite rispettivamente del 40% e del 25%. Terminate quindi le lotte in campo per salvare il salvabile, si teme quindi che inizieranno presto quelle sui mercati in termini di prezzi.