Nutrizione azotata e cereali: fabbisogni e risultati

Quintali, proteine e peso ettolitrico: per ottenere grano di qualità servono accurati piani nutrizionali al fine di soddisfarne i fabbisogni in ogni fase fenologica

La nutrizione vegetale compì un vero e proprio balzo in avanti da quando comparvero sul mercato i primi fertilizzanti azotati, ottenuti grazie al processo di sintesi dell’ammoniaca messo a punto dai chimici tedeschi Fritz Haber e Carl Bosch. La loro espansione fu relativamente lenta nella prima metà del secolo scorso, esplodendo letteralmente a partire dal secondo Dopoguerra.

Se alla fine degli anni ’40 i concimi azotati contribuivano infatti a nutrire una piccola percentuale dei due miliardi e mezzo di Esseri umani che popolavano il pianeta, a oggi si stima che tale percentuale sfiori il 50%1, grazie soprattutto alle rese dei cereali che sarebbero aumentate di oltre il 60%2. Inoltre, la nutrizione azotata ha contribuito a rendere più stabili le rese stesse attraverso gli anni, attenuandone le oscillazioni rispetto a quanto avviene in caso non si possa ricorrere alla fertilizzazione azotata. Una stabilizzazione delle produzioni che si apprezza maggiormente se insieme all’azoto sono a disposizione delle colture anche fosforo e potassio.

I fabbisogni NPK del frumento

Dal momento della semina a quello della raccolta, un cereale a paglia come il frumento passa dai 180-230 chili di semente posta a dimora, variabili in funzione della varietà e dell’areale di produzione, a masse che rientrano per lo più in un range fra le 10 e le 11 tonnellate complessive. Ciò considerando rese medie per ettaro pari a 50-60 quintali di granella e 40-50 quintali di paglia3.

Al momento della raccolta l’87-88% della massa asportata dai campi sarà di sola sostanza secca, la quale può essere quindi stimata in 9-9,5 tonnellate per ettaro. Circa gli aspetti nutrizionali alla base di tali crescite di massa, va considerato che le asportazioni dei tre macronutrienti sono proporzionali alla massa asportata e possono essere quindi espressi come chili di nutriente per tonnellata di sostanza secca. Per esempio, per ogni tonnellata di granella di frumento duro si stima vengano asportati 28, 10 e 7 chilogrammi di azoto, P2O5 e K2O rispettivamente. Valori molto simili per il frumento tenero, con 26, 10 e 7. Anche la paglia avrà però i suoi valori di asportazione, i quali sfiorano i 7 chilogrammi per tonnellata di paglia quanto ad azoto, posizionandosi sui 3,5 per la P2O5 e sui 26 per K2O.

La somministrazione dei concimi

Di per sé, però, le asportazioni non bastano per stimare gli apporti di fertilizzanti da somministrare alle colture, poiché questi non hanno in campo una resa 1:1, bensì patiscono di alcuni fenomeni che ne riducono la disponibilità per le piante. Parte del fosforo può infatti rimanere immobilizzato nel suolo, come pure una quota di azoto può esser lisciviata dalle piogge.

Ciò fa sì che i fabbisogni agronomici di azoto salgano a 32 chili per tonnellata di granella per i frumenti duri e per i grani teneri di forza. Valori che scendono a 28 kg/ton per i frumenti teneri panificabili e superiori, terminando con soli 26 per i grani biscottieri. Molto più bassi i fabbisogni per i cereali minori come orzo, avena e triticale, pari a soli 18 chili per tonnellata di granella (Tab. 1). I fabbisogni nutrizionali, quando espressi come concimi da somministrare, sono quindi più alti di quelli rappresentati dalle sole asportazioni dovute alla raccolta di granella e paglia. Inoltre, tali fabbisogni cambiano durante la crescita della coltura, richiedendo quindi somministrazioni ripetute da posizionarsi i momenti diversi del ciclo colturale.

 

Coltura Kg di azoto per tonnellata di granella
Frumento duro 32
Frumento tenero di forza 32
Frumento tenero panificabile 28
Frumento tenero superiore 28
Frumento tenero biscottiero 26
Cereali minori 18

Tab. 1: fabbisogni azotati (Kg N/ton) in funzione della coltura e dell’indirizzo d’uso

 

Il frazionamento teorico dei fabbisogni

Durante il ciclo colturale i fabbisogni del frumento varieranno infatti passando dalla fase di accestimento a quella di levata e da quella di levata alla fioritura. Se all’accestimento il fabbisogno azotato sarà compreso fra il 35 e il 40% di quello totale, in levata si realizzerà il fabbisogno maggiore in assoluto, con valori percentuali compresi fra il 45 e il 50% del totale. Infine la fioritura, con il rimanente 15%.

In autunno, a partire dal momento in cui la coltura in accestimento presenta 3-4 foglie, l’assorbimento di azoto può variare da 10 unità per il primo germoglio di accestimento, salendo fino alle 35 unità a fronte di 4/6 germogli. Molto dell’azoto somministrato non diverrà però granella, dal momento che non tutti i germogli in accrescimento daranno seguito alla formazione di una spiga.

I momenti e le dosi di intervento

Oltre a stimare il giusto apporto di nutrienti, sarà necessario individuare anche i momenti più idonei per effettuare la concimazione azotata, meglio se realizzata frazionando le dosi somministrate. Un primo intervento sarà utile alla coltura alla ripresa primaverile, momento che talvolta corrisponde a repentini ritorni di freddo che possono stressare le piante. Condizioni, queste, che si verificano soprattutto in annate particolarmente piovose e che creano situazioni più difficili a fronte di terreni particolarmente pesanti e umidi.

Il primo intervento azotato è bene quindi venga frazionato in funzione della varietà seminata, delle epoche di semina e delle condizioni di campo. Per esempio, con semine tardive, a cui sono seguite condizioni termiche miti, le piante possono mostrare un accestimento più lento e ritardato. In tal caso si dovrà somministrare azoto in ragione di circa il 35-40% del totale. Tali percentuali scendono fra il 25 e il 30% se le semine sono state precoci e le piante sono quindi già ben accestite.

Inoltre, anche la densità stessa della semina dovrà essere tenuta debitamente in conto al fine di somministrare le dosi di azoto nei giusti momenti. Se la semina del frumento è stata precoce o medioprecoce, e la densità delle piante si mostra fitta, nel mese di febbraio dovranno essere somministrati dai 50 ai 70 chilogrammi di azoto per ettaro. In caso invece la semina sia stata tardiva o mediotardiva, con la densità delle piante a metro quadro più rada, le dosi potranno rientrare in un range fra i 60 e i 70 chilogrammi per ettaro. Infine, a fronte di semine medio-tardive precoci a fittezza media, le dosi saliranno fra i 60 e i 90 chilogrammi per ettaro (Tab. 2).

Condizione di campo

Frumento duro e tenero

(Kg N/ha)

Cereali minori

(Kg N/ha)

Semina precoce/densità elevata 50-70 0-60
Semina medio-tardiva/ densità rada 60-70 30-70
Semina medio-precoce/ densità media 60-90 40-60

Tab. 2: dosi da somministrare tra fine gennaio e fine febbraio in funzione della coltura, dell’epoca di semina e della densità delle piante

Frazionato è meglio

Gli interventi azotati potranno inoltre essere due oppure tre in funzione delle condizioni di campo, dell’epoca di semina adottata, della varietà e, ovviamente, delle dinamiche gestionali dell’azienda agricola. Come prodotto da prediligere, infine, si ricordano i pregi del nitrato ammonico, meno soggetto a volatilizzazione rispetto all’urea, fino a un -20%, e dall’azione pronta ed efficace. Fra i formulati in commercio sarà poi bene prediligere quelli che contengano anche zolfo, poiché questo elemento rientra in diversi processi metabolici e contribuisce a rendere più efficiente l’assorbimento dell’azoto stesso, favorendo anche la sintesi proteica.

Attenzione ai regolamenti

Nelle aree indentificate come “zone vulnerabili all’inquinamento da nitrati”, i momenti di intervento con concimi azotati sono di fatto regolamentati, dovendo rispettare date prima delle quali non è possibile somministrare i fertilizzanti azotati. In tal caso è sempre bene verificare i calendari delle rispettive zone, al fine di non somministrare azoto prima delle date prestabilite.

Rif. bibliografici